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domenica 11 agosto 2013

LA STORIA DEL DOTT. FENYVES

Da IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA (11 agosto 2013)





Circa un mese e mezzo fa, Magda Fenyves Sadalla arriva a Caraffa del Bianco, in un normalissimo pomeriggio di fine primavera. E’ con la figlia Ines. Ad attenderli non c’è nessuno. Magda si guarda intorno alla ricerca di qualcosa, una via, un volto. Ha una decisa curiosità negli occhi. La prima persona che incontra è Giuseppina Melina ed a lei Magda si rivolge con un sorriso: “salve, sono la figlia del dott. Fenyves medico qui a Caraffa negli anni ’30. Anche io sono nata a Caraffa e vi ritorno, oggi, dopo ottant’anni”. 

Giuseppina Melina aveva sentito parlare del dott. Fenyves, le aveva raccontato qualcosa persino sua madre, che è ancora vivente. In un attimo, come accade nelle piccole comunità, il passaparola diventa strumento di richiamo e così attorno a Magda si raccoglie quasi
l’intero paese. 

Sopraggiunge anche l’avv. Giulio Mezzatesta, figlio del podestà cav. Rocco Mezzatesta del quale Magda conserva tuttora qualche lettera (in una, in particolare, c’è scritto che il dott. Andrea presta “ininterrotto servizio con capacità e bravura superiori ad ogni apprezzamento”). Poi la visita alla casa natia, con il suo giardino signorile, quasi contigua alla Chiesa S. Giuseppe. Le testimonianze degli anziani a questo punto si combinano e prende forma, come in un film, la storia del dott. Fenyves. Un medico amato, ungherese di origine ebraica, di cui non si è perso il ricordo. Ma cosa ci faceva questo professionista in Calabria nel 1930? Proviamo a ricostruire la vicenda, che passa per un paese di collina che disperatamente tenta di conservare la sua memoria storica e finisce dall’altra parte del mondo, esattamente a San Paolo del Brasile.

Il dott. ANDREA FENYVES (foto anni '30)

Il dott. Andrea Fenyves, dopo essersi laureato all’Università di Padova, si reca a Catania per sostenere un concorso. E’ preparato ed ha un intuito brillante, così supera l’esame che gli consente di svolgere il lavoro tanto desiderato. Nel febbraio del 1930 occupa il posto di medico condotto in provincia di Reggio Calabria, esattamente a Caraffa del Bianco (che dal 1928 al 1945 insieme a Sant’Agata, Casignana e Samo faceva parte di un unico Comune denominato Samo di Calabria. La sede del palazzo del Municipio, però, era proprio a Caraffa).
Andrea Fenyves si adatta subito. E’ conquistato da quell’altura che si affaccia sullo Jonio, dalle gradazioni di colore del panorama che lascia senza respiro. Qui, dove gli abitanti affettuosamente lo chiamano “ l’Ungherese ”, a maggio nasce il suo primo figlio, Alessandro.
In paese, per di più,  dal 1897, svolge la funzione di sacerdote l’arciprete Domenico Battaglia, un uomo che dà avvio gratuitamente e senza distinzione di classe sociale all’istruzione di molti giovani (che egli ama chiamare discepoli, alla maniera dei filosofi greci). Da questa prima luce che indica la via della conoscenza, negli anni a seguire si conterà un numero impressionante di diplomati e laureati.
La Calabria non è poi una terra così “maledetta”!

Sopra, la gente di Caraffa accorsa a salutare Magda

Addirittura a Caraffa, per aver curato gran parte della popolazione da una sconosciuta malattia tropicale, il dott. Fenyves riceve la cittadinanza italiana da parte del regime fascista.

La gente gli riconosce oltre alle competenze mediche anche una grande umanità, che lo rende affabile e molto socievole. Scherza con i bambini e ne apprezza i comportamenti vivaci che considera un segno di buona salute.
Nell’aprile del 1933 nasce Magda, la seconda figlia.
Il dott. Andrea non pensa di lasciare la Calabria: ha trovato un suo spazio, si sente utile e fortemente motivato. Ma d’improvviso e per molti mesi non percepisce più lo stipendio. La sua condizione diviene esasperante così, a malincuore, la famiglia Fenyves è obbligata a trasferirsi nei pressi di Fiume, a Clana.

Pure qui il dott. Andrea è stimato e svolge con passione il proprio lavoro. Ma anche in questo luogo, dopo qualche anno, la situazione muta.
Ecco come Magda, nel suo libro (Camminando con i piedi per terra e gli occhi al cielo) descrive i fatti: “Mio padre lavorava come medico nella piccola città di Clana, nel Nord Italia, vicino Fiume (oggi Rijeka, Croazia). Era molto amato dalla gente, poiché era un professionista che si dedicava ai suoi pazienti, un vero medico di famiglia. Non si interessava di politica, anzi, era totalmente contro il fascismo. Il sindaco della città invidiava il prestigio del dott. Andrea (così immagino…) ed escogitò un piano per danneggiarlo. Fu in questo contesto che si scoprì la sua ascendenza ebraica. Mio nonno, che abitava a Budapest (Ungheria) era ebreo, ma mio padre si era già convertito al cattolicesimo, si era sposato in chiesa e sia io che mio fratello eravamo stati battezzati.
Fatto sta che un bel giorno, mentre tutti e quattro pranzavamo, alcuni poliziotti armati irruppero in casa nostra e, senza nessuna spiegazione, portarono via nostro padre come se fosse un criminale incallito. Fu una vera tragedia! .......Mia madre cercò aiuto presso i vicini, gli amici, ma la paura è qualcosa di potente e tutti ne erano dominati, anche a causa dello slogan che diceva: chiunque aiuterà un ebreo sarà considerato nemico della patria e come tale ne subirà le conseguenze …”.

La vita della famiglia Fenyves, dunque, è sconvolta d’improvviso, ed il bravo medico si trova richiuso nel campo di concentramento di Notaresco (TE). E’ il giugno del 1940, ed Andrea Fenyves è il n. 129 della lista degli ebrei “apolidi”. Ma, fortunatamente, questa triste esperienza si conclude dopo sette mesi.
E’ ancora Magda a raccontare come fu liberato suo padre: “ Il parroco di Clana (che peccato non sapere il suo nome!) non lesinava sacrifici per il nostro sostentamento e per tenere accesa la nostra speranza. E così riuscì a fissare un colloquio con un Cardinale in Vaticano e a prendere un treno per Roma insieme a mia madre”.
Madga, dopo 80 anni, nella sua casa di Caraffa del Bianco
Nel gennaio del 1941, grazie all’intercessione di Pio XII, il dott. Andrea fu rimesso in libertà e con la sua famiglia fu ospitato nel Convento di Santa Brigida, sino a quando non arrivarono i passaporti ed il Brasile divenne la sua nuova patria.

Negli anni, sotto il sole dell' America del Sud, il dott. Andrea ha sempre parlato delle assolate giornate calabresi, di quel paesino che per il mondo appariva quasi sperduto ma per lui era un piccolo universo. Se non lo avesse lasciato, probabilmente, non sarebbe mai andato in un campo di concentramento anche se, al di là di tutto, a Notaresco poteva finire pure peggio.

Il dott. Fenyves è morto il 15 marzo del 1980, tra l’affetto dei suoi cari, dopo aver guarito migliaia di persone che, a lui,  rimasero benevolmente legati.
A San Paolo per i familiari rappresenta ancora un modello etico di riferimento, un esempio comportamentale da seguire. E di quel medico innamorato della Calabria, ai giovani ne parla soprattutto Magda.
Lei che, partita all’età di otto mesi, ha sempre pensato che un giorno sarebbe ritornata Caraffa. Lei che, dopo ottant’anni, a Caraffa ci è ritornata davvero.

DOMENICO STRANIERI





Sotto, una pagina tratta dal libro "Gli amici di Moïse" (Kalos 2020) 
di A. Hoffmann



2 commenti:

  1. Sono felicissima che Lei abbia scritto questa storia. Io ho scritto la mia tesi di laurea (in storia) sugli "esuli del numerus clausus" quindi sugli studenti ebrei che non potevano studiare in Ungheria per la legge numerus clausus del 1920. Io citato una lettera che Fenyves ha scritto in un giornale ungherese ebraico: Fenyves detailed the beauty of living and studying in Sicily, mentioning that he had left Padua for Sicily with four friends because Padua had become too crowded. - András Fenyves, "Így éltünk Szicíliában (This is how we lived in Sicily)", Egyenlőség Vol. 44, No. 34 (August 22, 1925.): 12.

    Poi ho trovato che Fenyves era internato nel 1940 come ebreo straniero, ma non sapevo cosa gli accadde dopo il 1940.

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  2. Agi Kelleman 💕🙏✡️🇧🇷

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